PREFAZIONE
Le donne davvero molto spesso e in ogni dove
si mettono a raccontare l’una all’altra la loro storia
come se per ognuna ne andasse della propria
esistenza e della propria identità personale.
il fatto è che ne va davvero.
Adriana Cavarero,
Tu che mi guardi, tu che mi racconti. Filosofia della narrazione
Le donne sono, e sempre sono state, depositarie di storie, dalla narrazione che si fa ai figli e ai nipoti, al ruolo di custodi di memorie famigliari e sociali, sempre conservate con cura e trasmesse con voce sommessa. Sono state anche raccoglitrici di storie con il loro ascolto attento e partecipato si fanno orecchio assorto di chi sta loro intorno.
Realizzare un progetto in cui donne che raccontano sono ascoltate da altre donne è quasi naturale, è il pensiero più facile, basta solo seguire l’istinto.
Il progetto del Coordinamento donne del Sindacato Pensionati della provincia di Firenze realizzato con la partecipazione della Libera università dell’autobiografia di Anghiari è stato messo in atto proprio per raccogliere testimonianze di donne, donne protagoniste all’interno del Sindacato, donne che hanno avuto incarichi dirigenziali nelle Leghe e nelle strutture dello SPI provinciale. Le incaricate di portare avanti le interviste erano altre donne, anche loro appartenenti al sindacato che diventavano eredi delle storie che andavano a raccogliere.
Un passaggio di saperi da donna a donna, per riappropriarsi del passato, per capire il presente da cui partire per progettare il futuro. Interrogare il passato con gli occhi di oggi diventa occasione per immaginare un futuro che abbia basi saldamente ancorate alla ricchezza e alla concretezza delle esperienze passate. Un’attività squisitamente sindacale tesa a non disperdere il patrimonio di esperienze e di saperi che spesso non vengono codificati e quindi poco conosciuti.
Il progetto aveva quindi gli obiettivi di recuperare il patrimonio di esperienze vissute, di cercare testimonianze che integrino la figura delle donne anziane e pensionate nella contemporaneità attraverso il loro passato, la loro storia fatta di impegno e passione civile, e le proietti nel futuro attraverso rapporti con altre donne, facendo loro capire che non sono state inutili, che non sono state dimenticate..
È questo il primo progetto attuato dallo SPI della Provincia di Firenze sui temi della memoria, realizzato in collaborazione con la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari una associazione culturale fondata nel 1998 dal prof. Duccio Demetrio, già docente all’Università di Milano Bicocca, studioso di Educazione degli adulti e da Saverio Tutino, giornalista e fondatore del’Archivio Diaristico di Pieve Santo Stefano.
La Libera Università collabora da tempo con lo SPI in progetti volti a valorizzare la memoria degli anziani in diverse regioni e province italiane. Il Coordinamento donne in particolare è molto attivo in questo e promuove la raccolta di storie di vita nell’ottica di una trasmissione di esperienze e valori tra le generazioni, da donna a donna, da madre a figlia, da nonna a nipote.
A Firenze si è formato un gruppo di donne pensionate guidate da me come formatrice designata dalla Libera Università dell’autobiografia e dalla tutor Patrizia Pugliese. Ho preso per mano le biografe per prepararle ad accogliere le storie delle compagne che hanno avuto nel passato una qualche funzione dirigenziale e di coordinamento all’interno delle Leghe o a livello provinciale e regionale.
Il percorso si è protratto per alcuni mesi, diviso in due tempi ben distinti tra loro. Un primo momento di formazione delle donne raccoglitrici di storie che si sono preparate ad affrontare l’intervista lavorando su se stesse, cercando di capire quelli che sono i meccanismi di approccio all’intervista, imparando ad affinare le loro capacità di ascolto.
Sono stati 4 incontri intensi e a volte molto coinvolgenti in cui le biografe si sono messe in gioco per sperimentare la scrittura di sé con esercizi e sollecitazioni che hanno avuto lo scopo di richiamare ricordi ed esperienze. Non dimentichiamo che chi ha frequentato il corso erano donne, esse stesse sindacaliste, appartenenti alle leghe del territorio fiorentino che riportavano nel laboratorio temi ed emozioni che avrebbero ritrovato nelle interviste alle compagne più anziane. Molte emozioni sono emerse dal confronto e ascolto delle storie che si sono intrecciate attorno al tavolo, storie di città e storie di paese a dimostrazione che i vari ambienti segnano le vite, ma non idee e ideali coltivati fin dall’infanzia. Imparare a capire chi si è, attraverso la storia del proprio nome, attraverso le domande che ciascuna si fa. Le risposte vanno dall’esplosione di gioia o di orgoglio, all’amarezza di quando non si può fare ciò che si sarebbe desiderato. Emerge l’aspetto rivendicativo, l’anima sindacalista di ciascuna.
È una scoperta capire come funziona la memoria, come si attiva attraverso i sensi, come si accumulano le esperienze nel corso degli anni. Riemergono volti, luoghi persone che si credevano dimenticati, con stupore si guarda all’indietro, alla propria esperienza di vita molto spesso strettamente legata a quella sindacale, Momenti che si riconoscono fondanti per le scelte fatte nel corso degli anni, e si ripercuotono ancora nell’impegno che ciascuna mette oggi nel volontariato. Attraverso l’esame delle quattro apicalità della vita: amore, morte, gioco, lavoro si ripercorrono le tappe di vite piene di appuntamenti esistenziali in cui la storia di ciascuna transita attraverso queste quattro necessità. Si appartiene di volta in volta all‘una o all‘altra dimensione, passiamo dall’una all’altra apicalità, in un gioco di equilibri, tristezza e gioia, fatica e spensieratezza.
Il passo successivo è quello di esaminarsi nella prospettiva dell’incontro con la futura persona intervistata, imparare a mettersi da parte è quasi importante come essere presente con tutti i sensi. Non stancarsi di ascoltare, ciò che risuona, ma anche ciò che potrebbe dare fastidio. È un esercizio difficile mettersi nella postura dell’ascoltatrice, di chi ode, sente e ascolta non solo con le orecchie ma con tutto il corpo. Udire, sentire e ascoltare non sono la stessa cosa, l’intervista è un esercizio di rispetto nei confronti della persona che parla e decide di raccontare la sua vita. Il segreto è fare percepire a chi si ha di fronte che è lei quella importante, è lei la depositaria del suo sapere, è lei che ci deve dire ciò che sa e che vuole farci conoscere.
Nell’ultimo incontro vengono costruite le domande da porre durante l’intervista, si cercano le apicalità da mettere in evidenza, così da fare emergere sì la vita sindacale, ma anche ciò che ne è stata alla base, la famiglia, l’ambiente, l’impegno, e ciò che ne resta dopo aver speso la propria esistenza al servizio del Sindacato.
È a questo punto che vengono presi gli appuntamenti con le compagne da intervistare e inizia il lavoro individuale di ciascuna biografa. Contattare la persona o le persone che sono state assegnate, prendere appuntamento, incontrarla e realizzare l’intervista.
Le donne intervistate sono state 17, le intervistatrici che si sono cimentate nell’impresa 7, nel laboratorio introduttivo erano i 13, ma per vari motivi non hanno potuto concludere con l’intervista il percorso.
Le intervistatrici sono state accolte dalle intervistate dapprima con un po’ di curiosità che si è trasformata in interesse a trasmettere ciò che era stata la loro esperienza personale all’interno del sindacato. Tutte hanno risposto in modo esauriente e sincero dichiarando la loro soddisfazione di vedere riconosciuto il loro lavoro.