PREFAZIONE
La poesia oggi si colloca in un'ampia gamma di contesti: dalla carta stampata alla performance del "Poetry Slam" fino al digitale. Resta pertanto, nel fertile terreno della tradizione in una contemporaneità che tenta la sfida alle convenzioni della parola con forme ibride e sperimentali fino all'ulteriore destrutturazione dei canoni espressivi. Le possibilità creative sono tante all'interno di un testo che, però, per dirsi poesia non deve eludere la sua essenza: il verso che lo differenzia dalla prosa, la corrispondenza tra forma e contenuto, poiché la poesia non informa ma evoca. Lo sa bene Vittorio Di Ruocco per il quale la parola si fa mantra, canto che richiama l'abbraccio universale e comincia là dove la parola finisce. Nell’armonia delle sue composizioni il dolore, che fermo sulla soglia della notte/attende la mia ultima preghiera, si trasforma in bellezza nell'intimo silenzio (tanto presente). Amore che ritorni sul cammino/aspro, caduco e avido di senso/(...)/ Lasciati accarezzare dal silenzio. La sua poetica tocca, per un lirismo potente, la complessità del vivere assolvendo al compito di lasciare ai posteri, attraverso il dasein heideggeriano, il senso di ciò che nel cieco mondo accade. Così, in una fusione di realtà e simbolo, l’indignazione per le guerre, la critica sociale, le emozioni personali, il sentimento della solitudine, sono intessuti in versi sonanti, espliciti quanto allusivi: E non ha più radici l’esistenza/travolta dalla furia del terrore/dall’orgia incontenente del potere. Tutte le liriche di questa silloge sono state scritte con maestria metrica in endecasillabi sciolti sostenuti da ritmi diegetici. Ad esempio nel verso Adesso tu cammini a passi stenti (tratto dalla poesia dedicata ad Alina, uccisa durante un bombardamento in Ucraina mentre prestava soccorso ad un bambino ferito) il ritmo "zoppicante" dell’endecasillabo giambico dà l’esatto intendimento del passo incerto. L’evento percettivo del testo realizza la comunicazione anche grazie ad ardite figure di significato come sparvieri di metallo, vaghi pendii di tenerezze, un refolo di luce, rivoli di tenebre perenni, attimi di neve… L'impostazione semiotica che divide il segno in significante e significato trova, nella poesia di Vittorio Di Ruocco, sia la dimensione cognitiva, sia la dimensione sensibile. In questo florilegio è tracciabile l'equilibrio (di cui parla Montale) tra l'occasione e l'opera, tra il dentro e il fuori di noi. Già il titolo del volume (frutto della prima posizione conseguita al XXVI Premio Nazionale Mimesis di Poesia) “Non crescono più fiori sulla terra” accende nel lettore una forte tensione emotiva: la natura arida si fa vuoto esistenziale, metafora di un’umanità dolente. Eppure, il Nostro esprime con struggente intensità l’amore nella sua fragile bellezza mai priva di speranza quando dedica versi, carichi di gratitudine e ammirazione, alle figure genitoriali, che incarnano il sacrificio e la possibilità di salvezza.
E l’anima si fa risonatore di poesia; o è forse la poesia risonatore d’anima?
Patrizia Stefanelli
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Amore che ritorni sul cammino
Amore che ritorni sul cammino
aspro, caduco e avido di senso
di questa vita che non rassicura
non mi cercare più nei rovi accesi
non è più là che annego nel mio pianto.
Lasciati accarezzare dal silenzio
e nuota in questo mare di parole
lungo le dolci acque della notte.
Lascia che la mia immagine ritorni
ad albeggiare ancora nel tuo sguardo
che mi travolse quando ero disteso
nudo al tuo fianco senza più temere
l’orribile menzogna del sospetto.
Cammina nei meandri del mio cuore
illuminato dalla tua presenza
priva di dubbi, nuvole e rimpianto.
Regalami l’ebbrezza di un sorriso
dei nostri corpi fusi nell’abbraccio
estremo e ineludibile del sogno
che torna ad inverarsi oltre l’inverno.
Trafiggimi col miele dei tuoi sensi
fammi cadere esanime, sfinito
dai nostri amplessi immaginati e veri
plasmati dalla dea della bellezza
dal desiderio che si fa realtà.
Ma se tu non vedessi più il mio volto
nei tuoi pensieri d’alba e di tramonto
scaglia senza pietà il più triste dardo