NOTA DELL’AUTORE
«La parola pura del parlare mortale è la parola della poesia. L’autentica poesia non è mai un modo più elevato (melos) della lingua quotidiana. Vero è piuttosto il contrario: che cioè il parlare quotidiano è una poesia dimenticata e come logorata, nella quale a stento è dato ancora percepire il suono di un autentico chiamare.»
Martin Heidegger
(In cammino verso il linguaggio, Ed. Mursia)
La poesia rappresenta, evidentemente, la forma d’arte più difficile da comprendere proprio a causa della difficoltà di sintonizzarsi con il linguaggio, portato dal poeta ad una dimensione lirica ed evocativa estrema.
Essa è paragonabile, allo stato nascente, ad un “vortice paralizzante” nel quale il poeta viene inghiottito durante la sosta della contemplazione, nel folgorante momento dell’intuizione, quando egli si offre privo di ogni barriera al fluire del tempo che in lui si arresta eternandosi, portando con sé l’Essere che gli si rivela.
La contemplazione (dal latino, contemplare significa attrarre qualcosa nel proprio orizzonte) è lo stato ideale della mente per cogliere o raccogliere l’insieme delle immagini fornite dal mondo in cui il poeta, come ogni uomo, è immerso quotidianamente. Tuttavia, la speciale capacità del poeta (a differenza del non poeta) è quella di riuscire ad ordinare, in maniera esemplare e massimamente evocativa, le immagini intuite sotto forma di linguaggio – quel linguaggio che l’uomo sperimenta quotidianamente e nel quale nuota e si immerge sin dalla nascita e di cui non può fare a meno.
Le opere contenute in questo volume nascono, appunto, dalla contemplazione del mondo reale, ri-creato alla luce della mia struttura emotiva e culturale. Le liriche sono, pertanto, frutto dell’incontro di immagini provenienti dalla realtà (sperimentata o immaginata) con la mia capacità, che è quella di cui ogni uomo – in diverso grado – è dotato, di tradurre le stesse in linguaggio poetico.
Tuttavia, al di là delle mie brevi riflessioni, spontanee e senza pretese, sulla poesia e sul linguaggio che la caratterizza, credo che lo scopo ultimo del poeta sia quello di trasmettere al lettore, almeno in parte, le emozioni che gli hanno consentito di sperimentare l’estasi della poiesis o, almeno, l’illusione della creazione.
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CRONACA DELLA DISPERAZIONE
Nel ghetto marcescente di Sabratha
i miliziani cinici e crudeli
hanno stuprato con le armi in pugno,
a turno, quelle dodici fanciulle
nascoste dietro un velo di dolore.
Erano armate solo di sorrisi
bandiere stese al vento salvatore
che dall’oceano spinge verso il cielo
le vele ardenti della libertà.
Nell’angolo c’è Amira la maliana
ormai svanita, persa nei ricordi
terrificanti e atroci di una madre
che ha partorito il figlio senza vita
nel letto di una lurida prigione
tra rivoli pestiferi di urina
e lutulenti cumuli di feci.
Più in là c’è Kanga, il giovane ivoriano
fuggito da una guerra senza fine:
non ha più gambe per spiccare il volo
ma un rotolo di sogni da spiegare.
E la piccola Hamida riccioluta
senza sapere cosa stia cercando
corre per il cortile recintato
con le manine alzate verso il cielo
gli occhioni spalancati sul futuro
e il cuore puro più della speranza
che la sua mamma torni dagli abissi.
Io intanto resto fermo sulla strada
a cogliere l'odore del tramonto
immaginando prati di carezze
per questa moltitudine reietta
di angeli salpati per l'inferno.
Sopito da un'insana indifferenza
nel comodo divano del progresso
già sento il peso della libertà.
Adesso l'inquietudine mi assale
la notte mi travolge, fa paura
e corro a frantumare ogni tristezza
stringendo al petto il folle desiderio
di seminare fiori di coraggio
su questa terra avara di perdono.
«Le opere contenute in questo volume nascono, (...), dalla contemplazione del mondo reale, ri-creato alla luce della mia struttura emotiva e culturale. Le liriche sono, pertanto, frutto dell'incontro di immagini provenienti dalla realtà (sperimentata o immaginata) con la mia capacità, che è quella di cui ogni uomo - in diverso grado - è dotato, di tradurre le stesse in linguaggio poetico. Tuttavia, al di là delle mie brevi riflessioni, spontanee e senza pretese, sulla poesia e sul linguaggio che la caratterizza, credo che lo scopo ultimo del poeta sia quello di trasmettere al lettore, almeno in parte, le emozioni che gli hanno consentito di sperimentare l'estasi della poiesis o, almeno, l'illusione della creazione. » (L'autore).