Verba manent

Autore : Joe Santangelo
Anno di produzione : 2006
Casa Editrice : Chinaski edizioni
Genere letterario : Narrativa-romanzi - Thriller politico
Formato : Cartaceo




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Francesco Terraneo ebbe come un mancamento, brevissimo, un lampo. Gli si bloccò in petto un respiro e con esso un pensiero ricorrente. Sono tanti i modi con cui un uomo decide di tacersi una verità. C’è chi nega l’evidenza, chi si lascia fagocitare dagli impegni di lavoro, chi cerca sfrenatamente compagnia femminile, chi volta le spalle. C’è chi accusa, di tanto in tanto, un leggero malore. Per riaversi, incoraggiò il suo pensiero laterale, ma la gigantografia di Cesare Corsini, l’uomo forte di cui stava per prendere il posto, lo riportò al presente. L'unica prova che l'inverno era sopraggiunto in tutta la sua violenza erano le notizie dei nubifragi che venivano diramate da tutti i TG: fuori da lì c'erano poco più di cinque gradi, si combatteva una lotta contronatura e si respirava acqua; in quella sala si sudava sotto la cravatta, lo spirito era compassato e si sentiva odore di curiosità e ipocrisia. Le luci emanavano effluvi di potenza, i mocassini lucidi trasmettevano autorità e forma piuttosto che sostanza.

La notizia era stata anticipata da un comunicato ANSA, strategicamente divulgato in modo che la novità potesse risaltare sulle varie emittenti, sugli Info-Point dei centri commerciali e sui portali geo-finanziari di broker e banche d'affari. La notizia – in quell’amplesso di invidia e buona sorte – era lui, vestito nell’abito delle grandi occasioni, la sua persona, la sua faccia, la sua voce. Si sentiva vincitore. A dispetto di tutto quanto gli stava accadendo intorno: guerre e colpi di stato, dissesti finanziari, difficoltà di governo e malcontento generale; dei crimini irrisolti, dei senzatetto, delle morti per infortunio sul lavoro, delle rivolte dei disoccupati; del traffico e della viabilità, dell’azzardato Angelus Papale, delle complicazioni respiratorie del Presidente della Repubblica e della tragedia in Metropolitana. Lui era qualcosa di vincente.

Fuori c'era l'inferno, ma quelli erano i suoi cinque minuti di celebrità.

I suoi primi cinque minuti.

 

Il portavoce fece una breve prolusione davanti ai giornalisti.

Le luci si moltiplicarono su quell’uomo castano di un metro e novanta, quarantacinque anni portati in modo affascinante. Quasi adolescenziale. Gli sforzi di una vita, l'esistenza che s'incontra con l'ambizione, la realtà che comincia a coincidere con i sogni, così, adagio. Osservò la platea che aveva dinanzi. Facce cupe, fogge scure, volti stanchi e indolenti. Tra tutti i pensieri, uno prevaleva secco sugli altri: la paura di non farcela, la paura di non essere all'altezza, ma adesso era lì, adesso era lui, vestito a festa e riverito come fosse un attore di Hollywood. Tutti pendevano dalle sue labbra, tutti trattenevano una domanda.

Cosa farà adesso?

Si schiarì la voce e con un gesto impercettibile del viso cancellò la platea dalla sua vista: era lui!

Il suo impegno, la sua credibilità.

Non avrebbe fallito, non al suo discorso d’esordio.

Sollevò vistosamente il sopracciglio sinistro. Voleva esibire un atteggiamento presente.

Poi prese a parlare.

-La RAI è un’Azienda molto particolare, sensibile alle aspettative del cittadino italiano, perchè è stata pensata per essere la sua voce e il suo occhio sul mondo. [...] Raggiungo il vertice di una struttura che ho ereditato solo in parte: come molti di voi già sapranno ho contribuito significativamente alla ristrutturazione dell'emittente, al consolidamento delle strategie d'informazione e alla riformulazione del palinsesto. Devo molto al nostro compianto ex-direttore: eviterò in questa sede di esprimere il mio rammarico sulla vicenda che ne ha determinato la morte. Concedetemi di ricordarlo così: Cesare Corsini è stato un grande professionista e, per me, anche un maestro. In qualità di vicedirettore non mi è mai capitato di trovarmi in disaccordo con le scelte più delicate e radicali, anche con quelle apparentemente controcorrente. Alludo, è chiaro, ai momenti di tensione determinati da un "approccio guerrista": mi limito a riprendere questo aggettivo perchè senz'altro il più forte di quelli che ci sono pervenuti. In quel periodo, non avevamo paura di essere denunciati dai poteri forti, né delle querele di parte promosse dai privati. In conclusione, signori, il mio messaggio è semplice: noi non ci fermeremo!

Ci sembra quasi di scegliere, di vivere profondamente e provare forti emozioni di fronte alle cronache sulle bombe che piovono sulle città del Medio Oriente.

La molteplicità delle informazioni indistinte e generiche che ci arrivano e la reiterazione delle immagini rendono quelle bombe innocue, le fanno sembrare fuochi pirotecnici in uno spazio non spazio, un tempo non tempo lontano dalle nostre case e dalle nostre famiglie.

In definitiva la ripetizione e l’affabulazione annullano la verità, la cancellano. E l’indomani l’immagine del corpo di un bimbo paralizzato dal rigor mortis in una smorfia grottesca, ci scivola addosso.

 

“La suspence cresce pagina dopo pagina. Il lettore, dopo le prime cento pagine, non vede l’ora di sapere come va a finire. VERBA MANENT è un romanzo riuscito” – Corriere della Sera – 22.Febbraio.2007